Conservabilità dei prodotti ortofrutticoli nel post raccolta
L’epoca di raccolta costituisce uno dei momenti fondamentali della produzione frutticola. Da essa dipende la serbevolezza e qualità del prodotto finito. Ci si avvale di indici per determinare il periodo ottimale della raccolta colore, pezzatura, durezza della polpa, contenuto totale degli zuccheri, residuo secco, contenuto in amido, acidità. Per le pere ad esempio si usa prevalentemente la durezza della polpa. Tutti questi parametri servono per garantire la serbevolezza delle diverse cultivar, durante la conservazione refrigerata che si protrae per mesi. Frutti raccolti troppo presto manifestano sensibilità ad avvizzirsi, ad alterazioni fisiologiche risultando meno dolci e aromatici, mentre quelli troppo maturi sono più sensibili ai marciumi, a danni meccanici (ferite, ammaccature, abrasioni) con successiva sovramaturazione, bassa acidità e comunque con ripercussioni negative sul sapore.
La tecnica più comune di conservazione è la refrigerazione NORMALE (RN): occorre stivare i bins della frutta in modo razionale e idoneo a garantire una omogenea circolazione dell’aria, per avere una migliore temperatura su tutto il prodotto che spesso non avviene. Nonché temperatura di refrigerazione costante, umidità relativa (90-95%) per evitare avvizzimenti.
Altro sistema è la conservazione in atmosfera controllata (AC) tradizionale e a basso consumo di ossigeno, nel caso di periodi più lunghi di conservazione, che come risultato dà un miglioramento della qualità. Una formula in AC per esempio sulla conservazione delle pere temperatura -1/0°C – O2 2% – CO2 0.8% . Può protrarre la conservazione fino a 7-8 mesi contro i 4-5 mesi in atmosfera normale.
Nonostante tutte le precauzioni i prodotti in conservazione presentano alla fine del ciclo conservativo e dell’epoca di commercializzazione fenomeni di degrado qualitativo dovuti a fisiopatie (scald, plara, butteratura, cracking, vitrescenza) nonché abrasioni, schiacciamenti. Con reazioni di imbrunimento nelle parti lesionate dei frutti. L’elemento chiave al fine di ridurre le problematiche legate alle fisiopatie si riconduce al calcio usato in campo. Questo elemento fondamentale è contenuto in grandi quantità nei terreni sotto forma di carbonato, bicarbonato, silicato. Forme non assimilabili dagli apparati radicali delle piante, ed inoltre reagiscono con il fosforo dando origini a composti insolubili. Nella fisiologia vegetale il calcio riveste diverse funzioni di tipo biochimico e qualitativo (consistenza dei frutti). Provvede ad attività fisiologiche, come la respirazione, circolo della linfa, turgore cellulare, robustezza delle membrane cellulari. Il calcio è poco mobile all’interno delle piante e scarsamente assimilabile dalle parti apicali delle radici, per cui la migliore via è l’assunzione per via fogliare su tutte le colture.
La sua carenza nel pomodoro determina marciume apicale, nella vite provoca disseccamento del rachide e l’ingiallimento delle foglie, nelle mele si ha butteratura amara fisiopatica che presenta aree suberificate sotto l’epidermide. Nelle pere incrementa il riscaldo comune, ossidazione bruna della buccia; negli ortaggi si ha scarsa consistenza e ridotta conservazione.
Sono state condotte, in virtù di quanto sopraesposto, condotte ricerche su tutte le cultivar ortofrutticole, al fine di migliorare il grado di conservazione dei prodotti ortofrutticoli, mirate a trovare la molecola a base di calcio più gradita o meglio più assimilabile dalle piante e dai frutti.
Dopo anni di prove si è riscontrato che non tutti i sali di calcio danno una risposta esauriente ai problemi da calcio carenza. Si è riusciti a trasformare l’acido pectico in pectato di calcio, ottenendo il massimo risultato sulla consistenza e conservabilità dei prodotti ortofrutticoli attraverso un programma dettagliato di interventi fogliari in campagna.
Ciò non ha migliorato soltanto la consistenza dei prodotti ortofrutticoli, ma le qualità estetiche e la serbevolezza. Inoltre attraverso una buona nutrizione a base di calcio, i prodotti sono meno sensibili all’attacco dei patogeni.